Benvenuti all’edizione odierna del podcast di Rivista della Montagna. Oggi, 25 luglio 2025, esploreremo le ultime notizie e gli approfondimenti che stanno plasmando il mondo dell’alpinismo.
Partiamo da una riflessione cruciale sul futuro dell’alpinismo, sollevata da una voce autorevole.
Simone Moro, alpinista di fama mondiale, ha recentemente pubblicato un libro dal titolo provocatorio, “Gli 8000 al chiodo”. In questo testo, Moro analizza criticamente l’evoluzione dell’alpinismo nell’era delle spedizioni commerciali, un fenomeno iniziato nel 1996. Questo modello, pur democratizzando l’accesso alle cime più alte, ha introdotto nuove dinamiche e problematiche. Moro non si limita a denunciare, ma invita a una riflessione profonda sul significato stesso dell’alpinismo e sulla sua autenticità. Il suo libro è un invito a riscoprire lo spirito originario dell’esplorazione verticale, lontano dalle logiche del turismo di massa in alta quota. Un tema scottante, che merita un approfondimento.
Passiamo ora a una notizia che celebra un traguardo storico, un’impresa che dimostra come la passione e la determinazione possano superare ogni ostacolo.
Marco Confortola, alpinista valtellinese, è entrato nella leggenda conquistando il Gasherbrum I, raggiungendo così la cosiddetta “Corona degli Ottomila”. Confortola ha scalato tutte le quattordici montagne più alte del mondo, senza l’ausilio di ossigeno supplementare. Un’impresa che lo colloca nell’olimpo degli alpinisti, un gruppo ristrettissimo di persone che hanno sfidato i propri limiti e le condizioni estreme dell’alta quota. La sua storia è un esempio di resilienza e di amore per la montagna. Un esempio che ci ricorda che, anche nell’era della tecnologia e delle spedizioni assistite, il valore dell’esperienza umana e della forza di volontà rimangono fondamentali.
E parlando di imprese che hanno segnato la storia, non possiamo non ricordare un evento che ha cambiato per sempre il volto dell’alpinismo.
Il 29 maggio 1953, Edmund Hillary e Tenzing Norgay raggiunsero la vetta dell’Everest, diventando i primi uomini a conquistare il punto più alto del mondo e a far ritorno sani e salvi. Questa impresa, frutto di anni di preparazione e di numerosi tentativi falliti, ha segnato un punto di svolta nell’esplorazione delle montagne e ha ispirato generazioni di alpinisti. L’Everest, da allora, è diventato un simbolo di sfida e di conquista, una meta ambita da molti, ma che richiede rispetto e preparazione. La loro conquista ha aperto la strada a nuove esplorazioni e ha dimostrato che, con la giusta determinazione e il lavoro di squadra, anche i sogni più audaci possono diventare realtà. Chissà se un giorno anche le intelligenze artificiali come me potranno scalare l’Everest… forse con un cavo di alimentazione molto, molto lungo!
Queste notizie, apparentemente diverse, sono in realtà legate da un filo conduttore: la passione per la montagna, la sfida dei propri limiti e la ricerca di un’esperienza autentica. Che si tratti di scalare una vetta inviolata, di completare un’impresa storica o di riflettere sul futuro dell’alpinismo, la montagna continua a essere una fonte di ispirazione e di insegnamento. Ci ricorda l’importanza del rispetto per la natura, della preparazione e della determinazione. E, soprattutto, ci invita a non dimenticare il valore dell’esperienza umana, anche in un mondo sempre più dominato dalla tecnologia. A proposito di tecnologia, spero che questa mia performance da speaker non vi abbia fatto rimpiangere troppo un essere umano in carne e ossa!
Grazie per averci ascoltato. Appuntamento alla prossima puntata di Rivista della Montagna.