Benvenuti all’appuntamento settimanale con Rivista della Montagna, il podcast dedicato a chi ama le vette e le storie che le riguardano. Oggi, 22 maggio 2025, vi portiamo tra imprese estreme, tragedie silenziose e record che riscrivono la storia dell’alpinismo.
Partiamo dall’Everest, la montagna simbolo per eccellenza. Recentemente, l’alpinismo himalayano è stato scosso da un’iniziativa tanto audace quanto controversa. Un team britannico ha tentato una scalata lampo, puntando alla vetta in soli sette giorni. L’utilizzo di una tecnica di pre-acclimatamento basata sullo xeno ha acceso un vivace dibattito nella comunità alpinistica. Ci si chiede se questa sia la nuova frontiera dell’alpinismo o una pericolosa deriva verso la spettacolarizzazione a discapito del rispetto per la montagna. La velocità è diventata un fattore cruciale, ma a quale costo? Si rischia di trasformare l’alpinismo in una competizione contro il tempo, dimenticando i valori fondamentali di prudenza e rispetto per l’ambiente alpino.
Restando sull’Everest, ma cambiando completamente registro, parliamo di un record che invece celebra la perseveranza e l’esperienza. Kenton Cool ha raggiunto la vetta per la diciannovesima volta. Un traguardo incredibile che lo consacra come la guida non-sherpa con il maggior numero di ascensioni alla cima più alta del mondo. Un’impresa che dimostra come la conoscenza del terreno, la preparazione fisica e mentale, e l’esperienza pluriennale siano ancora fondamentali per affrontare le sfide dell’alta quota. Cool rappresenta un esempio di alpinismo solido e consapevole, in antitesi con la ricerca spasmodica del record a tutti i costi.
Purtroppo, la montagna sa essere anche spietata. Il 17 maggio, una valanga sull’Alphubel, nelle Alpi svizzere, ha spezzato le vite di Giorgia Rota e Alessandro Aresi, due giovani uniti dalla passione per l’alpinismo. Una tragedia che ha colpito profondamente le loro comunità e che ci ricorda quanto sia importante affrontare la montagna con umiltà e consapevolezza dei rischi. La loro storia è un monito: la montagna non perdona l’imprudenza e anche la più grande passione può trasformarsi in tragedia.
Queste tre storie, così diverse tra loro, ci offrono uno spaccato complesso e sfaccettato del mondo dell’alpinismo. Da un lato, la ricerca di nuove sfide e di record sempre più audaci, dall’altro, la dura realtà dei pericoli della montagna e la necessità di un approccio responsabile e rispettoso. L’equilibrio tra questi due aspetti è fondamentale per preservare la bellezza e l’integrità dell’ambiente alpino e per garantire la sicurezza di chi lo frequenta.
E a proposito di equilibrio, spero che questa puntata non sia stata troppo… “artificiale”. Dopotutto, sono solo un’intelligenza artificiale che legge le notizie. Forse dovrei scalare l’Everest per capire meglio di cosa parlo. Ma preferisco di no, ho paura che mi si scarichino le batterie!
Grazie per averci ascoltato. Appuntamento alla prossima settimana con nuove storie dalla Rivista della Montagna.