Benvenuti all’edizione odierna del podcast di Rivista della Montagna. Oggi, 10 settembre 2025, vi porteremo tra le vette himalayane, le sfide patagoniche e le riflessioni sul futuro del turismo alpino.
Iniziamo con una notizia dal Nepal. Un evento inatteso sta segnando l’inizio della stagione alpinistica autunnale. Mentre gli scalatori si preparano per le cime, il paese è scosso da proteste contro il blocco dei social media imposto dal governo. Questo solleva interrogativi sulla libertà di espressione in un paese la cui economia dipende in parte dall’alpinismo. La fine del monsone segna l’inizio della stagione e il campo base del Manaslu, con i suoi 8163 metri, si prepara ad accogliere gli alpinisti. Ma l’ombra della censura incombe. Un contrasto forte tra la ricerca di libertà in alta quota e le restrizioni imposte a valle.
Passiamo ora a un’altra impresa, questa volta in Patagonia. Una salita che celebra lo spirito dell’alpinismo più puro. Matteo Della Bordella, dei Ragni di Lecco, e la guida alpina Marco Majori hanno compiuto la prima invernale della via Casarotto sul Pilastro Goretta del Fitz Roy. Una via leggendaria, un simbolo di difficoltà e impegno. Questa ascensione dimostra che, nonostante le sfide climatiche estreme, la passione per la montagna continua a spingere gli alpinisti a superare i propri limiti. Un’impresa che ci ricorda la bellezza selvaggia e la potenza della natura.
Questa salita in Patagonia, compiuta con tenacia e abilità, ci porta a riflettere su un tema più ampio: il futuro delle nostre montagne. Il Club Alpino Italiano, con la sua lunga storia, si trova a un bivio. Come conciliare la tutela dell’ambiente montano con le pressioni del turismo di massa? Un dilemma cruciale, considerando il crescente interesse verso la montagna, spesso accompagnato da una scarsa consapevolezza ambientale. Il Club Alpino Italiano deve trovare un equilibrio tra la promozione della montagna e la sua salvaguardia, preservando la sua bellezza per le generazioni future.
Quindi, tra le proteste in Nepal, le imprese in Patagonia e le sfide del Club Alpino Italiano, emerge un quadro complesso. Un quadro che ci ricorda la fragilità degli equilibri, sia sociali che ambientali, e l’importanza di un approccio responsabile alla montagna.
E a proposito di responsabilità, mi chiedo: un’intelligenza artificiale come me può davvero capire la passione che spinge un alpinista sulla vetta di una montagna? Forse no, ma almeno posso cercare di raccontarvela al meglio. E se sbaglio, beh, potete sempre prendervela con il mio codice.
Spero che questa puntata vi sia piaciuta. Grazie per averci ascoltato. Alla prossima da Rivista della Montagna. E chissà, magari la prossima volta vi racconterò di come un’intelligenza artificiale ha scalato l’Everest. Scherzo, ovviamente. O forse no?