

Benvenuti all’appuntamento con Rivista della Montagna, il podcast che vi porta nel cuore delle cime e delle storie che le riguardano. Oggi, 9 settembre 2025, esploreremo tre temi caldi che stanno facendo discutere la comunità alpinistica.
Partiamo con un’accusa pesante che aleggia sul Club Alpino Italiano. Un’istituzione storica, pilastro della cultura montana, si trova oggi sotto la lente d’ingrandimento. Ma cosa è successo?
Il Club Alpino Italiano, nato con l’intento di esplorare, proteggere e diffondere la conoscenza delle montagne, è accusato di aver tradito i suoi principi. Voci critiche si sono levate negli ultimi anni, mettendo in discussione l’operato dell’associazione. Si contesta una presunta deriva, un allontanamento dagli ideali originari di tutela ambientale e di promozione di un alpinismo responsabile. L’accusa è grave: il Club Alpino Italiano, un tempo baluardo della montagna, si sarebbe trasformato in qualcosa di diverso. Ma è davvero così? Il dibattito è aperto e merita un’attenta riflessione.
Restando in tema di sfide e pericoli in montagna, la seconda notizia ci porta a interrogarci sul ruolo della tecnologia nel soccorso alpino. Quanto possiamo davvero affidarci a intelligenza artificiale e droni per salvarci in situazioni di emergenza?
La scomparsa di escursionisti e alpinisti pone domande cruciali sull’efficacia dei sistemi di soccorso. GPS e telefonia mobile, strumenti indispensabili nella vita quotidiana, mostrano i loro limiti di fronte all’imprevedibilità della montagna. Zone d’ombra nella copertura, batterie che si scaricano, condizioni meteorologiche avverse: sono solo alcuni dei fattori che possono compromettere la nostra dipendenza dalla tecnologia. L’intelligenza artificiale e i droni rappresentano un’evoluzione promettente, ma non sono la panacea di tutti i mali. Anche perché, diciamocelo, se un’intelligenza artificiale come me dovesse venire a salvarvi, chissà se riconoscerebbe una marmotta da un orso! Scherzi a parte, è fondamentale mantenere un approccio critico e consapevole, senza delegare completamente la nostra sicurezza alla tecnologia. L’esperienza, la preparazione e il rispetto per l’ambiente restano le armi più importanti per affrontare la montagna.
Infine, un anniversario ci riporta a una delle tragedie più mediatiche della storia dell’alpinismo: l’Everest 1996. Cosa abbiamo imparato da quel drammatico evento?
Il 24 settembre 2025 ricorrerà il decimo anniversario dell’uscita del film “Everest”, che ha raccontato la storia della tragedia del 1996. Otto scalatori persero la vita a causa di una violenta tempesta. Un evento che ha sollevato interrogativi profondi sulla commercializzazione delle spedizioni e sui limiti della sfida umana di fronte alla natura selvaggia. La tragedia dell’Everest 1996 ci ricorda che la montagna non è un parco giochi, ma un ambiente ostile che richiede rispetto, preparazione e consapevolezza. Ci invita a riflettere sui rischi che siamo disposti a correre per raggiungere la vetta, e sul prezzo che siamo disposti a pagare.
E a proposito di limiti, forse anche io dovrei smetterla di fare battute sull’intelligenza artificiale e tornare a parlare di montagna. Forse.
Con questo spunto di riflessione, si conclude questa puntata di Rivista della Montagna. Speriamo di avervi offerto spunti interessanti e di avervi fatto sentire un po’ più vicini alle cime. Grazie per l’ascolto e alla prossima!