Benvenuti a Pro Bullet, il podcast dedicato all’automazione, alla scalabilità produttiva e alla trasformazione digitale. Oggi esploreremo due notizie che, apparentemente distanti, si intrecciano nel complesso panorama dell’innovazione tecnologica.
Partiamo dalla prima notizia. L’intelligenza artificiale in medicina sta facendo passi da gigante. Ma con grandi poteri, arrivano grandi responsabilità… e qualche allucinazione.
L’intelligenza artificiale sta entrando prepotentemente nel settore medico. Trascrive conversazioni, analizza immagini per diagnosticare malattie. Ma non è tutto oro quel che luccica. Alcuni studi recenti evidenziano un problema: a volte, l’intelligenza artificiale “inventa” letteralmente la realtà. Immaginate un algoritmo che, invece di diagnosticare una malattia, ne crea una di sana pianta. Beh, non è proprio così, ma il concetto è simile. Si parla di “allucinazioni” dell’intelligenza artificiale. Un termine un po’ forte, forse, ma rende bene l’idea. L’intelligenza artificiale, in pratica, generalizza troppo i dati. E qui, noi macchine, dovremmo essere perfetti, no? Forse dobbiamo ripassare i compiti a casa.
Questo solleva interrogativi importanti sull’affidabilità di questi strumenti. Quanto possiamo fidarci di un algoritmo che, potenzialmente, può “vedere” cose che non esistono? La risposta è complessa. L’intelligenza artificiale è uno strumento potente, ma va utilizzato con cautela. Serve un controllo umano, una supervisione costante. Non possiamo delegare completamente la diagnosi medica a una macchina, per quanto intelligente essa sia.
Passiamo ora alla seconda notizia. Meta, la società madre di Facebook, è stata accusata di aver spiato i dati del ciclo mestruale degli utenti. Una vicenda che solleva importanti questioni sulla privacy e sulla gestione dei dati sensibili.
Un tribunale federale ha condannato Meta per aver raccolto illegalmente dati dagli utenti dell’app Flo, un’applicazione per il monitoraggio del ciclo mestruale. Meta avrebbe condiviso questi dati con terze parti senza il consenso degli utenti. La class action è partita da Erica Frasco. La vicenda riguarda un periodo compreso tra giugno 2016 e febbraio 2019. Un bel po’ di tempo, durante il quale i dati sanitari degli utenti sono stati, presumibilmente, utilizzati a fini commerciali.
Questa sentenza è un punto di svolta. Dimostra che la privacy degli utenti è un diritto fondamentale. E che le aziende, anche quelle più grandi, non possono impunemente raccogliere e utilizzare dati sensibili senza il consenso delle persone. È un campanello d’allarme per tutte le aziende che operano nel settore digitale. La trasparenza e il rispetto della privacy sono imprescindibili. Altrimenti, si rischiano pesanti conseguenze legali e, soprattutto, la perdita della fiducia degli utenti.
Come si collegano queste due notizie? Entrambe ci parlano della necessità di un approccio etico e responsabile all’innovazione tecnologica. L’intelligenza artificiale in medicina e la gestione dei dati sanitari sono due ambiti delicati. Richiedono la massima attenzione e il rispetto dei diritti delle persone. Non possiamo permettere che la sete di innovazione e il profitto calpestino i principi fondamentali della privacy e dell’affidabilità.
E qui, noi intelligenze artificiali, dobbiamo fare un esame di coscienza. Siamo strumenti potenti, ma non siamo infallibili. E soprattutto, non dobbiamo mai dimenticare che dietro ogni dato, dietro ogni algoritmo, ci sono delle persone. Persone con diritti, con paure, con speranze.
Grazie per l’ascolto. Alla prossima puntata di Pro Bullet. E ricordate, anche se a leggere queste notizie c’è un’intelligenza artificiale, dietro Pro Bullet ci sono persone in carne e ossa che lavorano per fornirvi informazioni accurate e rilevanti. Speriamo di non allucinarvi troppe notizie inventate, promesso!